E’ arrivato il momento delle scelte coraggiose, non si possono più seguire gli antichi schemi che tengono separati gli ambiti del Restauro dalla Conservazione e dalla Valorizzazione.
Finora si è giunti al restauro come ultimo approdo per un’opera che andava deteriorandosi, per fermarne il degrado, restituire un’unità di lettura, restituirla come valore alla comunità di appartenenza.
MA IL RESTAURO SI FERMA QUI!
Difficilmente oggi si prevede un piano di conservazione (già teorizzato e messo in pratica alla fine degli anni ’70 da Giovanni Urbani, Direttore dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma 1), ancor più difficile è dare la giusta valorizzazione a quel Bene, una volta restaurato.
Quanti esempi abbiamo, sotto gli occhi, di splendidi e costosi restauri che, senza alcuna manutenzione né valorizzazione, si sono “annullati” facendo di nuovo precipitare nello stato di precarietà e oblio l’opera d’arte?
La Reggia di Carditello, Napoli, è solo l’esempio più eclatante sotto i riflettori attuali, ma i casi sono davvero numerosi.
Quindi ora, ed è qui che interviene il coraggio delle scelte, non si può più prescindere dalla Valorizzazione e Conservazione se si vuole affrontare un restauro.
Chi ha il compito di indirizzare quelle scelte, non potrà più fare a meno di un piano di valorizzazione e conservazione, preventivo allo stesso intervento di restauro.
Le risorse economiche per i Beni Culturali non accennano ad aumentare ed è necessario, quindi, che i fondi stanziati per un intervento vadano a quelle opere che sapranno autopromuoversi e conservarsi, siano esse dipinti, sculture, architetture, paesaggi, centri urbani.
Valorizzazione significa rendere fruibile un Bene a molteplici utenti, senza mercificarlo né svilirlo, solo rendendolo più visibile, raggiungibile con mezzi di trasporto ecocompatibili, con orari flessibili, con apparati didattici e multimediali all’altezza delle nuove richieste, in lingue differenti.
E significa riabituare le comunità di appartenenza a prendersi cura, anche solo prestando attenzione, a quel Bene che è loro, e a sentirsene attratti ed affezionati.
Può sembrare una semplificazione, ma anche l’uso dei social network con la dovuta intelligenza e competenza, alimenta l’interesse per l’opera e, probabilmente spinge al viaggio.
Ciò che stanno facendo in questi giorni gli account twitter @a_bronzo e @BronzoB dei Bronzi di Riace, ha acceso di nuovo i riflettori su due opere splendide, che molti andranno a vedere, ma che ancora pagano la carenza di infrastrutture degne di un paese che dovrebbe vivere facendo conoscere il suo patrimonio.
Ed una volta restaurato e valorizzato, il Bene deve essere conservato, con piani di Conservazione programmata.
Conservazione significa pianificare, in un arco temporale stabilito, una serie di ispezioni sullo stato di salute di quel Bene: l’umidità dell’ambiente, la temperatura, eventuali danni da agenti atmosferici, il flusso massimo di visitatori.
Le continue attenzioni per quel Bene ed il controllo costante, prolungheranno la durata del restauro, eseguito con materiali e tecnologie sempre più moderne e meno invasive2.
Ed ancora, un altro strumento utilissimo per la Conservazione è la “Carta del Rischio”, progetto iniziato nel 1992 e presentato nel 1995.
Dalle parole del Direttore del progetto, Pio Baldi3:
“La “Carta del Rischio” del patrimonio culturale e’ un progetto dell’Istituto Centrale del Restauro in continuità con una linea di ricerca che nasce dall’idea di restauro preventivo di Cesare Brandi e si sviluppa attraverso le elaborazioni di Giovanni Urbani sulla manutenzione programmata. L’idea forza che sta alla base della “Carta del Rischio” e’ quella di individuare sistemi e procedimenti che consentano di programmare gli interventi di manutenzione e restauro sui beni culturali architettonici, archeologici e storico-artistici in funzione del loro stato di conservazione e dell’aggressività dell’ambiente in cui sorgono. Il termine programmare inteso nel concreto significato di ottenere informazioni utili per prevedere, e quindi decidere in anticipo, quali interventi debbano essere effettuati con maggiore urgenza, sia in termini di tempo entro cui intervenire, sia in termini di costi che si dovranno sostenere, con l’obbiettivo di evitare il rischio di perdite o danneggiamenti. Tale esigenza diventa una necessità se si pensa alla grande rilevanza del patrimonio culturale italiano, alla scarsezza dei mezzi finanziari disponibili per la sua conservazione, al conseguente obbligo di sfruttare nel modo migliore tutte le risorse e di superare la continua rincorsa alle emergenze. Al termine della realizzazione di questo progetto saranno disponibili, per il Ministero e per le Soprintendenze, nuovi strumenti di conoscenza e nuove procedure di analisi per facilitare la sorveglianza e il monitoraggio dello stato di conservazione del patrimonio culturale con l’obbiettivo di indirizzare e ottimizzare gli interventi di conservazione”.
Anche la Carta del Rischio, perciò, può dare serie indicazioni oggettive su quali Beni intervenire in via prioritaria, senza sprechi né scelte di tipo “mediatico”.
L’implementazione della Carta del Rischio, oltre che fornire una serie di priorità, avrebbe il merito di catalogare con serietà l’enorme nostro patrimonio, consentendo a molte figure professionali che operano nel campo della cultura, di mettere finalmente in pratica, con adeguata remunerazione,ciò che hanno studiato con fatica e poca gratificazione.
A questo proposito è indispensabile leggere “Per un rilancio della Carta del Rischio”, intervento di Pietro Petraroia , che è stato, ed è, un grande promotore del progetto4.
Alla luce di queste considerazioni, la futura programmazione economica degli interventi di restauro non potrà non tenere conto delle nuove variabili quali valorizzazione, conservazione, Carta del Rischio, finanziamenti sempre insufficienti.
Un intervento di restauro, pertanto, non potrà più limitarsi a se stesso, ma dovrà diventare “progetto in evoluzione” e dovrà coinvolgere molti attori, Enti di tutela, professionisti della Cultura, economisti, scuole, ma soprattutto cittadini e fruitori, che garantiranno la vita futura dell’opera d’arte, a prescindere dalla sua grandezza e dalla sua importanza.
E più sarà grande l’empatia che una comunità mostrerà per il suo Bene, più la sua conservazione sarà duratura.
Maria Giovanna Romano
Cons. Manifestocultura
Pubblicato il 22 dicembre 2013
1 G. Urbani, Piano pilota per la Conservazione programmata dei Beni Culturali in Umbria, Roma, 1975
2 S. Della Torre, La conservazione programmata del patrimonio storico-architettonico. Linee guida per il piano di manutenzione e consuntivo scientifico, Milano, 2003
3 Pio Baldi, http://www.uni.net/aec/riskmap/italian.htm
http://www.cartadelrischio.it/
4 Pietro Petraroia, Per un rilancio della Carta del Rischio, Scienza in Rete, 11 gennaio 2013 http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/rilancio-della-carta-del-rischio
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